
Tra il rumore incessante delle notifiche e la velocità dei feed, c’è ancora spazio per la speranza? La risposta è sì. Ed è questa la convinzione che ha guidato il secondo incontro di preparazione al Giubileo dei Missionari Digitali e degli Influencer Cattolici (Roma 28 – 29 luglio 2025).
L’incontro formativo “Parole di Speranza nelle reti”, organizzato dal Dicastero per le Comunicazioni, è stato un momento prezioso di ascolto, riflessione e confronto per i Missionari e gli Evangelizzatori digitali e, peraltro, per chi desidera abitare i social con autenticità e stile evangelico. All’appuntamento hanno preso parte anche alcuni membri dell’Equipe delle Comunicazioni della Parrocchia San Bernardino, segno concreto dell’impegno della nostra comunità nell’evangelizzazione digitale.
Ad aprire l’incontro un breve, ma intenso momento di preghiera, per rimettere al centro Gesù, Parola viva che salva, fonte inesauribile di ogni speranza che vogliamo comunicare, guidato da Mons. Lucio Adrian Ruiz, Segretario del Dicastero.
Dalle “speranze” alla Speranza
A guidare la riflessione è stato Mons. José Ignacio Munilla Aguirre, oggi Presidente della Commissione per le Comunicazioni Sociali dei Vescovi europei. Nel suo intervento ha tracciato con forza la direzione da intraprendere: passare dalle “speranze” umane alla Speranza con la “S” maiuscola, che è Cristo risorto, unico Salvatore.
La speranza non è una fuga dalla realtà, né un sogno vago proiettato in un futuro incerto. È un dono ricevuto, è la santità a cui tutti siamo chiamati, è la consapevolezza che la storia della salvezza è anche la mia storia. Mons. Munilla ha ricordato che Dio è impegnato nella conversione di ciascuno di noi e per questo possiamo avere fiducia non solo in Lui, ma anche negli altri: una fiducia da coltivare, nonostante limiti e cadute, proprio perché Dio non smette di lavorare il cuore di chi ama.
Nella seconda parte dell’incontro sono state proposte tre parole di speranza, tre coordinate per orientarsi in modo evangelico nell’ecosistema digitale: disarmare, avvicinare, sentire. Non slogan vuoti, ma atteggiamenti concreti e rivoluzionari, per chi desidera essere presenza viva e significativa nel web.
Disarmare: rendere mite la comunicazione
Disarmare significa scegliere di non ferire, non accusare, non infiammare, ma costruire ponti. Significa ascoltare per accorciare le distanze, coltivare relazioni che trasformano i social in una “netily”, una rete di famiglia e amicizia, dove l’altro è accolto, mai usato. Allo stesso, disarmare vuol dire non essere noiosi, essere creativi, usare, ad esempio, la congiunzione “e”, piuttosto che la “o”, perché essa indica inclusione, non avversità o polarizzazione.
È stato anche proposto uno stralcio di quanto scritto dal Papa in una lettera inviata al Corriere della Sera, datata 14 marzo e rivolta al direttore: “[…] sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene. Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità».
Disarmare vuol dire anche abitare il silenzio, scegliere con cura cosa dire e cosa non dire, imparare che la comunicazione non si misura in quantità di post, ma in autenticità e responsabilità. Le parole, come la musica, hanno bisogno di pause. Solo così, la rete può diventare luogo di pace e di incontro.
Avvicinare: essere prossimi, non solo presenti
Essere missionari digitali non è un ruolo da indossare, ma una postura da abitare. Avvicinare significa scegliere la tenerezza nel linguaggio, rispondere con pazienza ai commenti, mettersi davvero in relazione. Non basta essere visibili: occorre essere disponibili, offrire ascolto, cura, presenza. Anche in un messaggio privato o in una risposta pubblica può passare la carezza di Dio.
Nel tempo della fretta, avvicinarsi è un atto di carità, che rende il web meno freddo e più umano. È dire all’altro: “non sei un follower, ma un fratello”.
Sentire: ascoltare il cuore nascosto dell’altro
La terza parola chiave è forse la più difficile, ma anche la più urgente: sentire. Non si tratta solo di leggere ciò che l’altro pubblica, ma di intuirne le emozioni, coglierne le domande, accorgersi di quella richiesta di aiuto che a volte si nasconde in un’immagine condivisa o in una frase apparentemente banale.
Essere missionari digitali vuol dire abitare il tempo degli altri, stare nella loro storia con discrezione e vicinanza. Vuol dire rispondere con carità, con pazienza, con verità. E soprattutto, vuol dire non chiudersi mai in una comunicazione unidirezionale, ma lasciarsi toccare, interrogare, cambiare.
La nostra presenza nei social non deve essere una vetrina, ma una casa aperta, accessibile, condivisibile. Solo così, come ci ricorda il Papa, possiamo essere sale, luce e lievito anche nei meandri del web.
Verso il Giubileo dei Missionari Digitali
Il percorso verso il Giubileo dei Missionari Digitali non è fatto solo di eventi, ma di formazione, ascolto, discernimento. L’incontro “Parole di Speranza nelle reti” ci ha ricordato che non comunichiamo solo contenuti, ma relazioni. Che non siamo chiamati a dire tutto, ma a testimoniare qualcosa di vero, di bello, di credibile.
E se davvero vogliamo annunciare Cristo nella rete, allora dobbiamo farlo con il cuore disarmato, le mani tese e le orecchie attente, perché il mondo digitale ha sete di verità, ma anche di umanità. E il nostro compito è quello di esserci, con presenza evangelica e creatività spirituale.
In fondo, il Vangelo non cambia. Cambia il modo in cui lo raccontiamo. E la rete, se abitata con fede, può diventare una nuova Galilea, dove il Risorto continua a incontrare chi lo cerca, anche tra uno scroll e un click.
a cura di Marcello la Forgia
Responsabile parrocchiale della Comunicazione
Commenti ( 10 )
Bartolomeo d'Aprile says:
11 Aprile 2025 at 4:10Leggere di un Giubileo pensato per i missionari digitali mi ha davvero colpito: è il segno che la Chiesa sa leggere i segni dei tempi. Personalmente uso i social per condividere pensieri spirituali, ma questo post mi ha fatto riflettere su quanto sia necessario formarsi per farlo con consapevolezza, evitando il rischio di banalizzare o semplificare troppo.
Giusy Bondini says:
11 Aprile 2025 at 9:09È bellissimo vedere che anche la Chiesa riconosca l’importanza della missione nel mondo digitale! Evangelizzare oggi significa anche abitare i social e le piattaforme online con uno stile che sappia trasmettere il Vangelo con autenticità. Sarebbe interessante proporre un laboratorio parrocchiale dove giovani e adulti possano imparare a comunicare la fede in modo efficace, etico e creativo
Giovanni says:
11 Aprile 2025 at 17:12Formarsi per essere missionari digitali autentici è oggi una sfida e una necessità. Mi viene in mente l’idea di coinvolgere anche i genitori nei percorsi formativi: loro stessi potrebbero diventare testimoni e guide per i figli, aiutandoli a navigare tra fede e rete con uno sguardo evangelico.
Antonio Bartoli says:
12 Aprile 2025 at 14:09La figura del missionario digitale è davvero affascinante. Spesso si pensa che parlare di fede online significhi solo condividere versetti o immagini, ma questo articolo mostra che c’è un mondo molto più profondo fatto di ascolto, dialogo e presenza vera. Mi piacerebbe partecipare a un incontro formativo su come gestire con spirito cristiano anche i commenti negativi o le polemiche in rete.
Luigi Gervasio says:
12 Aprile 2025 at 16:17Questa proposta fa emergere la necessità di una ‘teologia digitale’: non solo conoscere i mezzi, ma comprendere come il Vangelo può essere trasmesso nei nuovi linguaggi. Un tema ancora poco esplorato, ma fondamentale. Sarebbe interessante organizzare una serie di incontri, magari durante la Quaresima, per riflettere insieme su questi aspetti.
Paolo de Rosa says:
13 Aprile 2025 at 12:14Spesso vediamo i social come strumenti superficiali, e invece possono diventare luoghi di vera testimonianza, se usati con il cuore e con intelligenza. Questo post mi ha fatto riflettere su quanto sia urgente anche educare i più giovani a un uso responsabile e cristiano della comunicazione digitale.
Magari si potrebbe lanciare una ‘Scuola dei Missionari Digitali’ parrocchiale!
Giovanni Vito Perta says:
14 Aprile 2025 at 10:15Molto bello l’invito a coniugare tecnologia e spiritualità. Credo che anche i contenuti multimediali – video, podcast, mini clip – possano essere strumenti potenti per evangelizzare, se sono curati nei messaggi e nello stile. Sarebbe bello vedere la parrocchia coinvolgere ragazzi e creativi digitali nella produzione di contenuti per Instagram e TikTok con messaggi semplici e profondi.
Natalino says:
14 Aprile 2025 at 11:12Il vero missionario digitale è colui che non cerca visibilità, ma vuole portare speranza anche attraverso uno schermo. È un messaggio fortissimo. Personalmente ho trovato conforto in tanti contenuti spirituali online nei momenti più bui: dietro quei post c’erano persone che hanno scelto di ‘stare’ in rete con fede e umanità. Grazie per aver dato valore a tutto questo.
Beppe says:
15 Aprile 2025 at 11:14Mi ha toccato la parte in cui si parla di comunità online che diventano occasione di incontro con Dio. A volte si tende a separare il virtuale dal reale, ma se ben vissuto, anche il digitale può essere terreno fertile. Forse sarebbe bello creare un gruppo di ‘sentinelle digitali’ parrocchiali che curino ogni settimana un pensiero spirituale da condividere con tutti.
Giovanni M says:
18 Aprile 2025 at 8:13Grazie per questo articolo ispirante. Spesso ci sentiamo inadeguati nel parlare di fede online, per timore di sembrare invadenti o ‘fuori luogo’. In realtà, il mondo digitale ha fame di parole vere, semplici e piene di senso. Che bello sarebbe creare una rete tra parrocchie che condividono esperienze, contenuti e strumenti per una missione digitale condivisa e sinodale!