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L’intelligenza artificiale nella missione evangelizzatrice della Chiesa

parrocchia san bernardino molfetta - rubrica intelligenza artificiale missione digitale evangelizzazione Parlare oggi di Intelligenza Artificiale sembra scontato, ma non troppo. Infatti, è solo da poco più di un anno, dal 30 novembre 2022, che è stato lanciato uno dei più celebri chatbot come ChatGPT, a cui spesso si allude quando si fa riferimento più in generale ai sistemi di intelligenza artificiale.

Dopo un anno dalla sua commercializzazione, si possono tirare, tuttavia, già alcuni bilanci, sia positivi che negativi, a seconda del punto di vista da cui si osserva il fenomeno. Volutamente tralascio di affrontare le questioni teoriche-normative legate alle implicazioni dell’uso dell’AI. Vi sono infatti riflessioni etiche che rimangono ancora aperte legate alla programmazione degli algoritmi del machine learning, all’affidabilità dei risultati prodotti, alla privacy e alla gestione dei dati, al copyright, al nuovo mercato del lavoro e agli effetti sulle figure professionali già esistenti. Ma, volendo accennare solo alle questioni più pratiche, si può affermare innanzitutto che l’AI si presenta come una tecnologia di élite sia per la competenza che richiede, che per i costi dei servizi offerti.

Se da un lato abbondano tanti tools gratuiti sul web che offrono prodotti creati con l’AI, in realtà chi ha bisogno di ottenere risultati di qualità, rapidi e professionali deve necessariamente investire sia in formazione personale che in abbonamenti mensili o annuali. In poco tempo si è avuta un’esplosione di corsi sull’uso professionale dell’AI che fanno ipotizzare il delinearsi di una nuova figura professionale, come un tempo lo è stato per i social media manager. Infatti, c’è sempre bisogno di inserire “prompt”, ovvero i comandi che si richiede all’AI di eseguire, nel modo corretto per ottenere risultati più performanti che, tuttavia, necessitano sempre che sia una persona, dotata della necessaria competenza professionale, a “limare”.

parrocchia san bernardino molfetta - rubrica intelligenza artificiale missione digitale evangelizzazione Ovviamente il discorso non sarebbe bilanciato senza fare menzione anche delle enormi potenzialità di applicazione nel campo della medicina, dell’ecologia, delle risorse energetiche e finanziarie, e dello sviluppo tecnico-scientifico anche in ambito militare e spaziale. Insomma, il vaso di pandora dell’AI è stato appena scoperchiato e sarà ogni singolo utente, insieme con le decisioni dei Governi, a determinare il contributo che questa nuova invenzione dell’ingegno umano darà allo sviluppo della storia dell’umanità e dei popoli.
In questo scenario la Chiesa, quale comunità dei credenti in Cristo, è sempre interpellata ad abitare il qui ed ora della storia dell’umanità per adempiere fedelmente la sua missione di evangelizzazione e di annuncio del Vangelo. Ogni credente si trova, pertanto, dinanzi ad una nuova sfida per la quale non può farsi cogliere impreparato e che segnerà l’esito di come la Chiesa intera risponderà all’uso dell’AI nella sua missione evangelizzatrice.
Dunque, tra i guadagni dell’uso dell’AI nella missione ecclesiale, occorre riconoscere che si possono più facilmente ottenere contenuti multimediali di buon livello, molto utili da veicolare nei profili social parrocchiali o dedicati a finalità pastorali. Questo permetterebbe alle comunità ecclesiali di produrre una comunicazione più frequente, ma anche più contemporanea agli eventi comunitari vissuti e aumentare in tal modo il senso di partecipazione e di comunità.
Inoltre, la produzione dei contenuti stessi potrebbe essere più professionale e adeguarsi a standard che renderebbero la comunicazione ecclesiale più efficace e performante. Tutto questo guadagno in termini di tempo, di risorse umane e tecniche, potrebbe essere investito curando meglio la qualità e la profondità del messaggio annunciato. Inoltre, anche i risultati ottenuti dai chatbot, essendo il risultato di quanto prodotto collettivamente dall’uomo, piuttosto che diminuire la capacità riflessiva e generativa dell’intelligenza umana, potrebbero essere valorizzati con il dovuto senso critico, per ampliare le proposte e le iniziative pastorali, per conoscere nuovi tools che agevolerebbero e ridurrebbero i tempi dedicati alle programmazioni, a volte estenuanti, ispirando nuovi progetti comunitari che possano arricchire la vita pastorale e comunitaria.

In tal modo, se utilizzate sapientemente, le innovazioni prodotte dell’AI potrebbero offrire nuovi spazi di tempo alla vita comunitaria e ai credenti, per impiegarli in ciò che nutre in profondità lo spirito umano e che nessuna innovazione tecnica potrà mai sostituire: la preghiera, la meditazione della Parola di Dio e la comunione fraterna.

 

A cura di don Vincenzo Marinelli
Dottore in Teologia Pastorale / Teologia della Comunicazione

 

Commenti ( 5 )

  1. Rispondi
    Beppe De Laurentis says:

    Mi ha colpito molto il passaggio in cui si parla del rischio che l’IA possa alimentare bolle informative e isolare le persone in ambienti digitali chiusi. Forse la Chiesa potrebbe promuovere una sorta di “patente digitale” per educare i fedeli, specialmente i giovani, a usare queste tecnologie in modo critico e consapevole.

  2. Rispondi
    Gianni Civita says:

    Penso che l’IA possa essere un grande strumento per migliorare l’inclusione delle persone che, per motivi di salute o distanza, non riescono a partecipare attivamente alla vita comunitaria. Magari si potrebbe sviluppare un sistema che permetta alle persone di interagire online durante gli incontri parrocchiali o i gruppi di preghiera.

  3. Rispondi
    Natalino Ventrella says:

    Penso che l’IA possa essere uno strumento utile per personalizzare i percorsi di catechesi e offrire contenuti su misura per le diverse età e sensibilità. Tuttavia, sarebbe fondamentale educare le comunità a riconoscere i limiti di queste tecnologie, evitando che diventino un’alternativa al confronto diretto e alla vita di comunità.

  4. Rispondi
    Giovanni Vito Perta says:

    L’IA offre tante opportunità, ma è importante non cadere nell’illusione che possa sostituire il calore umano e la relazione personale. Mi piace l’idea di utilizzare l’IA per facilitare l’accesso a contenuti formativi o per migliorare la comunicazione pastorale, ma la testimonianza diretta di un credente rimane insostituibile.

  5. Rispondi
    Paolo De Rosa says:

    Articolo molto interessante! È vero che l’intelligenza artificiale sta cambiando il nostro modo di comunicare, ma credo che la sfida più grande per la Chiesa sia mantenere l’autenticità del messaggio evangelico anche attraverso questi strumenti. Forse si potrebbe pensare a progetti formativi per i giovani delle parrocchie affinché possano diventare evangelizzatori digitali.

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