
Con questo articolo si conclude il nostro percorso di lettura e approfondimento della Lettera Pastorale 2024-2025 di Mons. Domenico Cornacchia: un documento che ci ha accompagnati nel riscoprire il volto di una Chiesa in ascolto, accogliente, corresponsabile e missionaria.
Abbiamo scelto di non limitarci a un riassunto, ma di entrare in dialogo con le parole del Vescovo, per favorire riflessioni, incontri, progettualità concrete. Lo abbiamo fatto perché la Parola si incarna solo quando viene accolta, condivisa, meditata insieme.
Oggi ci soffermiamo sugli ultimi due temi della Lettera: la speranza come stile di Chiesa e di vita e l’appello finale alla corresponsabilità per il futuro della diocesi. Due direzioni che non si escludono, ma che si rafforzano a vicenda perché solo una comunità abitata dalla speranza può avere il coraggio di costruire il futuro.
La speranza come stile: oltre la crisi, camminare insieme
La speranza non è un’idea astratta. È una forza concreta, che anima il cammino delle comunità anche nei tempi più incerti. Il Vescovo ce lo ricorda con parole limpide: «Sperare non significa fuggire dalla realtà, ma affrontarla con lo sguardo di chi sa che Dio non abbandona il suo popolo. È lo stile di una Chiesa che non cede allo scoraggiamento» (p. 30).
Viviamo in un tempo segnato da fragilità diffuse – la solitudine degli anziani, le crisi familiari, le paure educative, le ferite della pandemia – ma anche da una sete profonda di senso, di relazioni vere, di comunità accoglienti. È qui che la speranza cristiana si manifesta come scelta concreta di prossimità e consolazione. Il Vangelo non promette assenza di croci, ma la certezza di una presenza fedele: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
La speranza si fa stile pastorale nelle liturgie della consolazione dopo un lutto, negli incontri con chi attraversa il dolore, nell’ascolto paziente di chi non ha più parole e nel testimoniare che nessuna notte è eterna. «La pastorale della speranza è oggi più necessaria che mai. Le nostre comunità devono diventare fari accesi nel buio del tempo, punti di riferimento per chi cerca luce» (p. 31).
Conclusione: verso il futuro della diocesi
L’ultima parte della Lettera è un vero manifesto di corresponsabilità ecclesiale. Non un addio, ma un passaggio di testimone. Il Vescovo affida alla Diocesi una visione: continuare a camminare insieme, ciascuno con la propria parte, sotto la guida dello Spirito. «Mi rivolgo a voi, popolo di Dio, perché nessuno si senta escluso da questo cammino. La Chiesa ha bisogno di tutti: giovani e adulti, consacrati e laici, esperti e principianti. C’è spazio per ogni vocazione» (p. 32).
Ma non basta la buona volontà, serve un cambio di mentalità nella programmazione pastorale che deve essere realmente partecipata, nei consigli pastorali che devono essere attivi, nel considerare i giovani protagonisti e non solo destinatari, infine nel creare spazi reali di ascolto, confronto e proposta.
Il Vescovo ci invita a non aspettare che altri facciano, ma a sentirci responsabili del presente e del futuro della nostra Chiesa locale. Ci invita a camminare insieme non per consuetudine, ma per scelta.
Un orizzonte di speranza da custodire e costruire
Chiudiamo questo percorso nella Lettera Pastorale 2024-2025 con la consapevolezza di aver ricevuto parole vive, parole che illuminano e provocano, che orientano e confortano. «Ascoltare ciò che lo Spirito dice significa mettersi in cammino, lasciarsi trasformare, diventare costruttori di comunione e profeti di speranza» (p. 33): la Lettera termina, ma il cammino comincia adesso nelle parrocchie, nei gruppi, nelle famiglie. Ogni comunità può trovare in queste pagine uno strumento per discernere, progettare, rispondere con creatività e coraggio alla chiamata del Vangelo oggi.
Commenti ( 7 )
Giacomo says:
24 Maggio 2025 at 9:15Questo post ci ricorda che la speranza non è mai un fatto privato: si alimenta nella relazione e si traduce in corresponsabilità. Siamo tutti chiamati ad avere a cuore il futuro della Chiesa e del mondo, non da spettatori, ma da artigiani di pace, di giustizia, di fraternità.
Giuseppe Devenuto says:
24 Maggio 2025 at 18:13La speranza, intesa non come emozione passeggera ma come stile di vita, è una delle provocazioni più forti contenute in questa riflessione. Vivere la speranza significa decidere, ogni giorno, di non restare immobili davanti al male, ma di reagire, di costruire, di credere che il bene è possibile.
Paolo Intini says:
25 Maggio 2025 at 19:14In una società segnata dalla disillusione e dal cinismo, scegliere la speranza come stile significa essere segno profetico. Non è facile, richiede allenamento del cuore, una comunità che sostiene, un orizzonte che motiva.
Patrizia P says:
27 Maggio 2025 at 20:49Forse è tempo di rivedere i nostri strumenti pastorali, di renderli più partecipativi, meno clericali. Corresponsabilità significa dare fiducia, responsabilità reale, spazio al carisma di ciascuno. Questo articolo ci invita a farlo senza paura.
G.G. says:
28 Maggio 2025 at 12:17La speranza va pensata in chiave generativa: non ci appartiene, ma la riceviamo e la trasmettiamo. Come comunità cristiana siamo chiamati a generare speranza soprattutto per chi ha perso fiducia nella Chiesa, nella vita, in sé stesso.
Maria Giovanna Losito says:
30 Maggio 2025 at 23:55La speranza, se autentica, si fa sempre concreta: in una visita, in un gesto, in una scelta etica, in un impegno civico. L’annuncio cristiano non può essere separato da uno stile coerente, sobrio, coraggioso. Questo articolo ci chiama a coerenza.
Gioacchino says:
4 Giugno 2025 at 12:34È bello pensare alla corresponsabilità come esercizio quotidiano di ascolto, dialogo, confronto. Non è solo un’organizzazione efficiente: è un modo di essere Chiesa che vive della sinodalità come stile, e non come progetto a termine.