
Dopo il primo sguardo introduttivo alla Lettera Pastorale del nostro Vescovo, proseguiamo il nostro cammino di approfondimento soffermandoci su due temi che parlano di futuro e di relazioni: la necessità di rafforzare le alleanze ecclesiali e territoriali e l’invito ad essere “pellegrini di speranza”.
Questi due passaggi della Lettera non sono solo “aggiunte” al cammino pastorale della Diocesi, ma costituiscono due direttrici essenziali per una Chiesa che vuole respirare il Vangelo nella storia e nella carne del proprio popolo. Sono due “luoghi” nei quali lo Spirito parla con forza e ci chiede ascolto e disponibilità a rinnovarci.
Rafforzare le alleanze: un volto sinodale e dialogante di Chiesa
Viviamo in un tempo in cui le solitudini pastorali, la frammentazione e l’individualismo rischiano di indebolire la testimonianza evangelica. Per questo, nella Lettera, il Vescovo dedica uno spazio significativo all’importanza di costruire alleanze, relazioni stabili, reti di corresponsabilità: «Auspico un dialogo sempre più fecondo tra le diverse componenti ecclesiali – associazioni, movimenti, gruppi, uffici pastorali – e anche con il territorio, le istituzioni civili, le scuole, le realtà culturali e sociali. Le sfide di oggi richiedono risposte condivise» (p. 18).
Questa è una visione che recupera quanto espresso dal Concilio Vaticano II in Gaudium et Spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Costituzione Pastorale «Gaudium et Spes», n. 1).
Il Vescovo non parla solo di “collaborazione”, ma di progettazione pastorale condivisa, in cui ciascuno, con la propria identità, diventa parte di un “noi” ecclesiale e comunitario. «Non bastano eventi condivisi: serve uno stile comune, una lettura del territorio che porti a scelte convergenti, pur nella diversità» (p. 19).
Le implicazioni sono chiare: le parrocchie sono invitate a promuovere momenti di confronto tra i gruppi, ad attivare tavoli sinodali permanenti con le realtà locali, a pensare insieme progetti educativi e caritativi. In altre parole, a superare il “fare per sé” per vivere l’evangelizzazione come opera corale.
Verso il Giubileo: pellegrini di speranza
Il secondo grande tema su cui ci soffermiamo è il riferimento al Giubileo del 2025. Il Vescovo riprende con convinzione quanto affermato da Papa Francesco, inserendolo nel cammino spirituale della nostra Chiesa locale: «Siamo chiamati a prepararci al Giubileo con un pellegrinaggio dell’anima e della comunità. Siamo tutti pellegrini di speranza» (p. 21). Il riferimento biblico è evidente: «Beati quelli che hanno il cuore puro perché vedranno Dio» (Mt 5,8)
e ancora «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37).
Il Giubileo è tempo di grazia, di riconciliazione, di sguardo rinnovato sul futuro. Non si tratta solo di varcare delle Porte Sante, ma di rinnovare il cuore, le relazioni, lo stile di vita. Il Vescovo propone tre vie concrete per vivere questo tempo:
▪️ cammini giubilari locali, da organizzare a livello parrocchiale e cittadino, per riscoprire il senso del cammino e della meta;
▪️ celebrazioni penitenziali comunitarie, come spazi di guarigione e rinnovamento interiore;
▪️ esperienze di pellegrinaggio, anche brevi e simboliche, per generare uno stile spirituale più incarnato.
Alleanze e pellegrinaggi per una Chiesa viva
In un tempo che ci prova con sfide complesse, il Vescovo ci indica due percorsi concreti e profondi: rafforzare i legami e camminare insieme nella speranza. Non si tratta di strategie pastorali, ma di conversione ecclesiale, di un cuore che sa uscire da sé e guardare l’altro come fratello, infine di una comunità che si lascia provocare dalla storia, per diventare profezia di futuro.
Il nostro cammino continua. Nel prossimo articolo esploreremo i dieci verbi del Vescovo, una sorta di vocabolario spirituale per camminare nel quotidiano con occhi nuovi.
Commenti ( 11 )
Andrea Ingrassia says:
9 Maggio 2025 at 14:38Il binomio “costruttori di alleanze” e “pellegrini di speranza” è una sintesi meravigliosa di ciò che ogni cristiano è chiamato a essere: un uomo o una donna che, mentre cammina nel tempo, tesse relazioni e getta ponti. L’alleanza è la forma più alta della fiducia: saper stringere legami duraturi e significativi, fondati sulla comunione, sulla verità e sulla misericordia. Essere pellegrini, invece, ci ricorda che nessuno è arrivato: siamo tutti in cammino, e la speranza ci dà il coraggio di continuare a muoverci anche quando la strada si fa incerta.
Luigi says:
9 Maggio 2025 at 17:08È la prima volta che leggo le vs riflessioni. Parole profonde, progetti di alleanze, parole.. in quello che ho letto non si scrive la parola “poveri” e nemmeno “amore”. Si tutto è pensato per loro e per questo obiettivo, ma vi sento lontani da un mondo che soffre. Spero di sbaglirmi perché conosco bene la chiesa di san Bernardino. Vi auguro buone cose.
Vito Nuzzi says:
11 Maggio 2025 at 12:42Il pellegrino non cammina da solo: cerca compagni di viaggio. Questa immagine, così semplice, è in realtà una potente provocazione per la nostra pastorale: stiamo creando luoghi dove le persone si sentano davvero in cammino insieme? O rischiamo di proporre percorsi solitari, scollegati, frammentati?
Fabiola Franco says:
12 Maggio 2025 at 14:43Dopo aver letto questo articolo, mi sento provocato a diventare più intenzionale nelle mie relazioni: a non lasciarle al caso, ma a coltivarle come spazi di alleanza e di speranza. Forse, se ogni cristiano si assumesse questo compito, la Chiesa tornerebbe a essere veramente casa per tutti, scuola di comunione, e laboratorio di futuro.
Filomena says:
13 Maggio 2025 at 10:43Essere pellegrini di speranza significa riconoscere che la vita cristiana non è fatta di certezze assolute e definitive, ma di fiducia nel Dio che guida la storia. È bellissimo quando la spiritualità si coniuga con questa concretezza: non ci si rifugia nel cielo, ma si vive la speranza nella terra della fatica quotidiana.
Stefano Luigi Solombrino says:
13 Maggio 2025 at 14:45In un mondo frammentato, dove prevale spesso la logica del sospetto, della competizione e della chiusura, la figura del costruttore di alleanze è quanto mai profetica. Il cristiano non può accontentarsi di vivere per sé: è chiamato a generare fraternità, a mettersi nei panni dell’altro, a dialogare anche con chi pensa diversamente. La Lettera ci aiuta a capire che questa non è un’opzione, ma il cuore stesso del Vangelo.
Roberto says:
15 Maggio 2025 at 14:37La Lettera pastorale ci restituisce uno stile di Chiesa aperta, sinodale, generativa. Non una Chiesa arroccata nei suoi recinti, ma una Chiesa che esce per incontrare, che si fida dell’altro e che sa chiedere perdono quando non è stata capace di accogliere. Questo è il primo passo per diventare davvero costruttori di alleanze.
Massimiliano says:
16 Maggio 2025 at 13:50Questo post ci sollecita a rivedere le nostre relazioni ecclesiali: quante volte, anche in parrocchia, viviamo accanto senza conoscerci davvero, senza costruire alleanze vere? Forse la prima alleanza da rinnovare è quella dentro le nostre comunità: tra giovani e adulti, tra famiglie e sacerdoti, tra realtà diverse che convivono sotto lo stesso tetto.
Roberto says:
18 Maggio 2025 at 16:44Mi piacerebbe che, a partire da questi spunti, la parrocchia promuovesse dei momenti di confronto intergenerazionale, nei quali raccontarsi le proprie esperienze di fede e ascoltare come l’altro ha incontrato Dio nella sua storia. L’alleanza nasce anche da qui: dalla narrazione condivisa e dall’ascolto reciproco.
Marisa says:
19 Maggio 2025 at 21:41La speranza è un cammino che si alimenta di segni. Ogni gesto di riconciliazione, ogni atto di cura, ogni alleanza rinnovata è un mattone che contribuisce a costruire il Regno. Questo post ci ricorda che anche le piccole scelte quotidiane possono essere rivoluzionarie se ispirate dal Vangelo.
Emanuele says:
20 Maggio 2025 at 17:28La speranza non è una fuga dalla realtà, ma una forza interiore che ci fa leggere ogni cosa con gli occhi della fede. Il pellegrino di speranza sa vedere anche nel deserto un luogo di passaggio e non di fine. Questo ci dice la Lettera: non smettere di credere che qualcosa di nuovo è possibile, anche lì dove tutto sembra immobile.